Alberto Barbata
Tratto dalla monografia “Paceco – Brevi note storiche”

Falconaria è un sito mitico dove nel secolo XII si è svolta una delle più celebri battaglie fra Angioini e Aragonesi, durante la Guerra del Vespro e precisamente il 1° dicembre del 1299. Il luogo dove avvenne questa battaglia fu dapprima scambiato dagli storici per un sito diverso da quello successivamente accertato, poiché Michele Amari, nella sua Guerra del Vespro, citò come luogo una regione chiamata “Falconaria”, segnata su una carta dell’Istituto Geografico Militare. In esse era indicata soltanto una “Falconaria” vicino la città di Marsala, molto distante pertanto dal sito reale dove avvenne il grande accadimento della storia siciliana.

Il toponimo Falconaria deriva, certamente, dalla caccia che si faceva in quel sito ai falchi reali, per ordine e nell’interesse dei sovrani e desi signori feudatari che ne erano proprietari. Ma in realtà, Falconaria era un vallone (in dialetto “vadduni”), luogo molto scosceso che dista dal mare due km e mezzo circa e confina a sud con Ballotta, a nord con Fontanasalsa e ad est con Marausa. In sintesi possiamo collocare il toponimo della Falconaria tra Paceco e Marsala.

Alla fine del secolo XIII, gli Angioini avevano conquistato solamente una parte della Sicilia orientale, mentre il resto dell’isola era rimasto fedele a Federico d’Aragona. Quest’ultimo, dopo aver lasciato al comando di Messina, Niccolò e Damiano Palizzi, si era portato nella città di Castrogiovanni (Enna) e si trovava in quella città quando, nel novembre del 1299, gli arrivò la notizia che il principe Filippo d’Angiò, fratello di Roberto e figlio di Carlo II lo Zoppo, partito da Napoli con quaranta galee, era venuto sulle coste occidentali dell’isola con forti milizie e con i più famosi nobili francesi e del reame. Filippo, dopo aver depredato le contrade più prossime alla città, si affrettava a cingere d’assedio Trapani. Lungo il percorso, si unirono al principe Filippo, altre milizie volontarie provenienti dalle più svariate zone del Regno. Il 1° dicembre 1299, nella vallata della Falconaria, incontrò il nemico e gli diede battaglia.

Si è a conoscenza, dalle cronache dello storico siciliano Speciale, del fatto che gli Aragonesi avevano all’incirca seicento cavalli e più di mille fanti e che gli Angioini erano di pari forze. Questi ultimi erano ordinati in tre schiere: alla destra si trovava il Principe Filippo, al centro il maresciallo Broglio dei Bonsi ed alla sinistra il Conte Sanseverino di Marsico, antenato del futuro Principe di Paceco. Federico divise anche lui le sue forze in tre schiere e diede il comando della sinistra a Blasco Alagona con pochi cavalli ed un grosso almugaveri. La destra l’assegnò alla cavalleria di Giovanni Chiaramonte, Vinciguerra Palizzi, Matteo di Termini, Matteo di Queralto e Farinata degli Umberti, congiunto del vincitore di Montaperti, coi fanti di Catrogiovanni; il centro, quei tutto composto di pedoni, lo tenne per sé.

Vedendo ciò, Filippo d’Angiò ordinò ai suoi balestrieri a cavallo di andare contro gli amulgaveri ed egli con i suoi cavalieri, si spinse animoso verso Blasco. Ma trovando nella sinistra siciliana una vigorosa resistenza, si spostò contro il centro che, formato da soli fanti, gli sembrava la parte più debole dello schieramento di Federico. Questa mossa gli fu fatale perché, da un canto, impedì a Broglio dei Bonsi di entrare in battaglia, dall’altro permise a Blasco di avvolgerlo con i suoi amulgaveri i quali, ad un cenno del capo, si posero a ferire selvaggiamente i cavalli francesi. Infine trovò nella fanteria siciliana una resistenza così aspra che gli riuscì penoso non solo il combattere, ma anche il difendersi dagli attacchi dei nemici.

Non gli poterono portare alcun soccorso né il Sanseverino, impegnato com’era, né il Broglio il quale, lacerato dalla retroguardia degli almugaveri, perì nel tumulto e nella confusione senza aver avuto l’onore di combattere. Grande prova di valore diedero quel giorno Federico e Filippo, quest’ultimo, scontratosi con un catalano gigantesco, tal Martino Perez de Cos, fu ferito ed atterrato e sarebbe stato ucciso se non avesse in tempo declinato il suo nome. Soprattutto Blasco corse ancora pericolo di essere ucciso perché il fiero Alagona voleva vendicare su di lui la morte di Corradino ma lo salvò il Re, il quale lo mandò, sotto buona guardia, come prigioniero al campo. Nel contempo la sinistra angioina veniva rotta ed i superstiti si davano alla fuga precipitosa verso il mare vicino, da dove la flotta guardava imponente lo sbaraglio.

Pochi sopravvissero e solo durante la notte poterono essere presi sulle navi: tutti gli altri caddero o furono fatti prigionieri. Tra gli uccisi va ricordato il traditore Pier Salvacossa che inseguito da un Giletto siciliano, gli offrì, in cambio della vita, mille once d’oro, ma il soldato gli rispose: “Gran fatica è contarle, serbale per i tuoi figli e tu, traditore, muori” e lo uccise.

La sera del giorno della battaglia, Federico III entrò vittorioso a Trapani da dove mandò corrieri per tutta l’isola ad annunziare la vittoria, poi con l’esercito ed i prigionieri andò a Palermo dove fu accolto trionfalmente. Con la vittoria della Falconaria, la più importante tra le battaglie combattutesi in campo aperto durante la Guerra del Vespro, si chiudeva l’anno 1299 e con essa non soltanto veniva vendicata la sconfitta di Capo d’Orlando, ma veniva preparato il terreno per le future battaglie del meridione.

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