Lucia Maltese
Dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie

Il mese di settembre ci transita verso la fine dell’estate, la riapertura delle scuole e segna la fine delle vacanze, un altro appuntamento, sentito e molto partecipato, che affonda le radici nella nostra tradizione contadina siciliana e dunque, anche in quella del territorio di Misiliscemi, è la vendemmia, “a vinnigna”. L’arte della vinificazione sull’isola è molto antica, sebbene il vino siciliano abbia ottenuto il giusto riconoscimento soltanto in tempi relativamente recenti.

La vendemmia ha origini antichissime ed il ritrovamento di residui organici in giare rinvenute in Sicilia, ha indotto a ritenere la produzione di vino in questa regione, tra le più antiche al mondo e risalente almeno a seimila anni fa. Ricerche e studi condotti nel corso degli ultimi anni, hanno dimostrato che la vite era nota già all’antichissimo popolo dei Sicani che abitava la Sicilia, 6000-5000 anni fa. La vite fu introdotta dai Cretesi intorno al XV secolo a.C. e sotto la dominazione greca (tra il 735 a.C. e il 212 a.C.) si diffusero particolari metodi per la coltivazione della vite e la produzione del vino. Esso, esportato in tutto il bacino del Mediterraneo, si presentava corposo, aromatizzato e altamente alcolico. In Sicilia si producono moltissimi vini DOC, DOCG e IGT. Tra le zone più importanti dal punto di vista produttivo vi sono la provincia di Trapani e le isole di Salina, Lipari e Pantelleria.

Alla fine del XVIII secolo, la viticoltura siciliana era legata sostanzialmente al vino “Marsala”, prodotto nell’omonima località. E’ il primo vino ad aver ottenuto la denominazione DOC in Italia, nel 1969 e oggi si produce sia con l’uva dei vigneti a bacca bianca (Grillo, Grecanico, Inzolia, Cataratto e Damaschino), sia con quella dei vigneti a bacca rossa (Pignatello, Calabrese, Nerello Mascalese e Nero d’Avola). Nato grazie all’antica tradizione greca, il Marsala era ottenuto mediante un lungo periodo di invecchiamento all’interno di botti di legno pregiato; dopo alcuni anni, una parte del vino invecchiato veniva prelevata e sostituita con altra recente, tale procedimento era denominato “perpetuum”. La storia di questo vino è strettamente collegata all’arrivo a Marsala, nel 1773, di John Woodhouse, un commerciante di Liverpool. Egli, dopo aver assaggiato il vino Marsala, acquistò una cinquantina di botti e le spedì in Inghilterra, addizionando il prodotto con alcool etilico per non farlo rovinare. In seguito al successo riscosso presso la sua patria, l’imprenditore comprò alcuni vigneti situati in provincia di Trapani e avviò la produzione e la vendita del Marsala con la sua etichetta. Un altro promotore del successo di questo vino nei vari continenti, fu Vincenzo Florio, commerciante di tonno diventato un grande imprenditore. Dopo aver costruito le sue Cantine nel 1832, in soli 20 anni divenne uno dei principali produttori ed esportatori di Marsala in tutto il mondo.

La Vitis vinifera, appartenente alla famiglia delle Vitacee, è una pianta a foglie caduche, irregolari a margine dentato, portate da ramificazioni simili a liane chiamate tralci. La sua chioma non ha la capacità di rimanere eretta spontaneamente, ha necessità di sfruttare dei supporti come pali e fili metallici, che le permettono, attraverso l’uso dei cirri, di arrampicarsi. La parte superiore della foglia è morbida al tatto, quasi vellutata, mentre la parte inferiore è ruvida e piena di nervature, che si estendono per tutta la foglia ed hanno un compito ben preciso, mantenerla foglia aperta e robusta. Le foglie della vite, in estate si presentano di colore verde intenso, ma in autunno perdono la clorofilla e il loro colore vira al giallo o rosso. Le foglie di vite sono molto importanti per la salute, queste infatti contengono diversi antociani, vitamina A, E, C, K, magnesio e tannini. Hanno proprietà vasoattive e vaso protettive, capaci quindi, di stimolare la vascolarizzazione e di alleviare la sensazione di gambe pesanti. Diverse sono le proprietà: antiossidanti, antiarterosclerotiche, citoprotettive, epatoprotettive e cardioprotettive. Grazie alla capacità antiossidante è possibile allontanare i radicali liberi, causa dell’invecchiamento e i diversi meccanismi delle sostanze nutritive presenti all’interno della foglia, riescono ad interferire con l’assorbimento epatico del colesterolo, per cui alterano il processo di sintesi dei trigliceridi.

Le viti, “i zucchi”, nel dialetto di queste zone, utilizzate per la produzione del vino, sono tutte innestate, spesso su altre specie di vitacee. Un tipico portinnesto è la vite americana, che resiste alla fillossera, insetto nocivo apparso a metà del 1800 e che fece grandi danni nei vigneti europei. Il periodo della “vinnigna”, va da settembre ad ottobre e dura più di un mese. Si inizia quando le uve hanno raggiunto il grado di maturazione desiderato ed il rapporto tra la percentuale di zuccheri e acidi nell’acino, ha raggiunto un valore ottimale in base al tipo di vino che si intende produrre. Ancora oggi, i metodi di raccolta delle uve nelle campagne di Misiliscemi, sono due: il metodo manuale che permette una selezione dei grappoli, più lento e faticoso e la raccolta meccanica, con l’uso di macchine agevolatrici e macchine vendemmiatrici, considerato economicamente più vantaggioso.

Un tempo, la raccolta dell’uva veniva effettuata solo ed esclusivamente manualmente, questo momento rappresentava un’occasione di riunione e condivisione tra gli operai, che tra i filari raccoglievano l’uva con le mani, muniti di cesoie, con le quali tagliavano i grappoli e li lasciavano cadere all’interno delle “cartedde, cesti costruiti intrecciando a mano ramoscelli di olivo e canne. Le giornate in vigna iniziavano molto presto e sempre con una preghiera, il capofila pronunciava: “Sia lodatu e ringraziatu lu santissimu e divinissimu Sagramentu!”. Gli altri lavoratori in coro rispondevano: “Sempri sia lodatu!”. Si pregava Dio, affinché questo non facesse piovere e non rendesse la vendemmia difficile e lunga. Le dure giornate di raccolta venivano accompagnate da canti e poesie pronunciate ad alta voce, che avevano lo scopo di stemperare la fatica dei lavoratori e quelle voci, una diversa dall’altra, si liberavano tra i filari della vigna. Nelle giornate di vendemmia, i pasti, solitamente costituiti di pane con le sarde salate o con le olive, i pomodori e il formaggio, venivano consumati tra i filari o nell’atrio della casa padronale chiamata “bagghiu”. A lavorare fianco a fianco per intere settimane, oltre agli uomini, principalmente contadini, artigiani, mulattieri e carrettieri di qualsiasi età, vi erano anche le donne e i bambini che, per necessità, prestavano la loro forza lavoro ai proprietari dei vigneti, perché la vendemmia rappresentava la maggiore fonte di guadagno rispetto ad altri lavori rurali.

Nel corso del tempo, il vino siciliano ha saputo conquistare uno spazio sempre maggiore nel panorama internazionale. Sempre più cantine propongono produzioni di qualità e il Made in Sicily è diventato un sinonimo di eccellenza. Tra i vitigni più amati e coltivati nelle zone del Trapanese ci sono sicuramente il Grillo, il Catarratto e l’Inzolia (il vitigno più antico di Sicilia) a bacca bianca, il Nero d’Avola a bacca nera. Inoltre, dalle terre confiscate alla mafia, in Sicilia sono nate delle importanti realtà, che sanno raccontare in tutto il mondo, la bellissima filosofia del vinopulito”.

“A VINNIGNA” – CANTO POPOLARE

E’ arrivata la vinnigna
la stagiuni di l’amuri,
mentri spogghiunu la vigna
‘nto me cori nasci ‘n ciuri.

Stu ciuriddu nicu nicu,
manu manu s’ingrannisci
ma stu cori non capisci
sudd’è amuri oppuri no.

E comu haiu a fà, e comu haiu a fà
ca notti e ghiornu nun pozzu chiù stà,
la testa gira, mi vota e furria
comu girava na vota a mammà.

C’è ‘mpicciottu ca mi vadda
‘ntrignu ‘ntrignu e poi m’arriri,
mentri jncu li panara
mi lu duna ‘mpizzuluni.

Iu m’arrassu e iddu ‘ncugna
tremu tutta e canciu fila
na stu cori tanti pugna
mi mattedda ma pirchì.?

E comu haiu a fà, e comu haiu a fà
ca notti e ghiornu nun pozzu chiù stà,
la testa gira, mi vota e furria
comu girava na vota a mammà.

Su ci pensu bona bona,
ora fingiu di cascari
mentri a ciurma canta e sona
iu lu fazzu avvicinari.

E ci dugnu na vasata
ca lu fazzu scimuniri
pirchì sugnu ‘nnamurata
e non sacciu chiu chi fari.

E comu haiu a fà, e comu haiu a fà
ca notti e ghiornu nun pozzu chiù stà,
la testa gira, mi vota e furria
comu girava na vota a mammà.

“LA SAGRA DELL’UVA” DI GUARRATO DAI FILMINI SUPER 8

La bellissima testimonianza storica di un’edizione della “Sagra dell’uva” risalente alla fine degli anni ’70
© archivio privato – vietata la riproduzione

Due deliziose ricette con l’uva da provare proposte
da Nino D’Ambrogio, Chef dell’Agriturismo Vultaggio di Guarrato – Misiliscemi