olo

Cristina Martinico

Come tanti ragazzi che vivevano a Misiliscemi negli anni ’30 del secolo scorso, anche Nicola Bongiovanni è stato un giovane partito nel 1935, da Salinagrande, a soli 22 anni, per partecipare alla Guerra d’Etiopia dove rimase fino al 1937, dopo un congedo di due anni venne richiamato alle armi nel 1939 e fu trasferito in Libia nel 1940 per prendere poi parte al conflitto mondiale. Le truppe italiane invasero inizialmente l’Egitto, allora sotto il controllo della Gran Bretagna, e vennero battute fin dall’inizio, riportando sconfitte su sconfitte. Tutti i soldati fatti prigionieri durante i tre anni di guerra vennero mandati nei campi di internamento in diversi paesi che a quel tempo facevano parte dell’Impero britannico, venendo suddivisi tra le varie colonie che contavano, fra le altre, il Canada, il Kenya, il Marocco, l’India e l’Australia. Moltissimi degli uomini catturati vennero deportati anche in Gran Bretagna, tra questi Nicola, che fu catturato il 14 gennaio del 1941 e internato presso uno dei campi di transito, prima in Egitto e poi in Sud Africa, in attesa di essere imbarcato e trasferito in Gran Bretagna. Lì rimase prigioniero presso un campo di concentramento con qualche ricovero in ospedale, per essere infine rimpatriato per malattia da Bristol nel 1943.

Nicola era fidanzato con Maria Gandolfo, una ragazza che viveva al centro di Trapani, a due passi dalla storica via Garibaldi. Nel 1940 la ragazza gli aveva inviato una sua foto, uno scatto che la ritrae su un terrazzino, in posa e con lo sguardo rivolto in alto. Vestita con un abitino di pizzo bianco e décolleté dello stesso colore, nella mano sinistra tiene quello che sembra essere un giornale. La foto riporta sul retro la data del 18 agosto e una dedica che recita: “Perché mi porti sempre sul tuo cuore. Tua per la vita Maria”. Nicolò tenne sempre con sé la foto e la riportò a Salinagrande intatta, nonostante tutti gli anni trascorsi tra i terribili disagi della guerra e la prigionia. Come racconta una nipote di Nicola, oggi quasi novantenne, Maria lo aspettò per tutto il periodo in cui lui rimase in guerra, ripetendo spesso una frase che da sola parla del grande amore che doveva nutrire per lui: “Se Nicola vene cu un vrazzo è meo, si vene cu ‘na amma è meo, si vene cu un occhio è meo, si eravamo maritati un mi l’avia a teniri u stesso?“. Maria si recava spesso a Salinagrande per fare visita alla suocera Lidda, era amata da tutta la famiglia di Nicola e per un periodo visse nella contrada insieme alla propria famiglia che, come tante altre, erano sfollate da Trapani durante i bombardamenti e avevano cercato rifugio in campagna. 

Le prime cartoline giunte a noi ed inviate da Nicola a Maria dal fronte di guerra risalgono alla fine del 1940 e furono spedite a distanza di una settimana l’una dall’altra. Provengono dal Comando 23^ Sezione Panettieri, di cui Nicolò faceva parte. In quella del 7 novembre 1940 lui le scriveva: “Mia adorata Maria, con molto piacere vengo a scriverti due righe nella quali ti farò sapere che sto di una ottima salute fino oggi. Come al pari spero che la presente venga trovare te, papà, mamà e fratelli. Dunque mia amata Maria fammi sapere qualche cosa di buono da costì. Basta ricevi più affsi saluti e tante carezze. Tuo per sempre Nicola. Tanti saluti papà, mamma, fratelli. Arrivederci presto tuo affmo Nicola Bongiovanni”.

Agli inizi di dicembre del 1940, Nicola invia a Maria un’altra cartolina, stavolta con sopra impressa una foto che lo ritrae in posa su una piazza, sullo sfondo una serie di palme, una fontana e una costruzione certamente edificata dal Regime Fascista. Scritta sul retro una bellissima frase, molto poetica e romantica: “Come arde il sole nell’estate, così ardente è il mio amore presso di te. Tuo per sempre affmo Nicola”. Non aveva inserito il cognome, dunque per essere più intimo forse e, soprattutto, aveva composto una “poesia” davvero molto coraggiosa, considerando che la cartolina sarebbe stata letta anche dai familiari di Maria. Probabilmente il testo era scaturito dalla grande nostalgia e solitudine che Nicola avvertiva, oltre che dalla lontananza che lo rendeva impavido, spinto anche dal contesto certamente poco felice in cui si trovava ormai da tantissimi anni. Parole d’amore d’altri tempi e se si pensa che a scriverle era stato un ragazzo che aveva ricevuto un’istruzione negli anni ’20, in un contesto rurale e lontano da possibilità scolastiche di un certo livello, si rimane davvero stupiti.  

Come già detto, nel 1941 Nicola non era più un soldato “libero”, era stato fatto prigioniero e si trovava in Egitto, presso uno dei campi di transito, così come testimonia una cartolina inviata alla fidanzata che reca il timbro della Croce Rossa Internazionale. Dai dati riportati sappiamo che era detenuto presso il campo n. 907 ed era il prigioniero di guerra n. 95796. Il 28 giugno scrive: “Adorata Maria, atendo sempre tue notizie ma tutto è stato invano fino oggi, nessuna tua risposta, io godo di una ottima salute come al pari spero che la presente venga trovare te, tuoi cari e miei. Scrivermi subito che sto compensiero presso voi tutti. Non avendo altro ricevi più affsi saluti e stretti di me a tutti di famiglia. Tuo affmo Bongiovanni Nicola”. 

© archivio privato

Dopo questa cartolina non si si sono conservate tra i ricordi della famiglia Bongiovanni altre lettere fino al 1942. A fine luglio di quell’anno, Nicola  scrive ai genitori da un ospedale militare in Gran Bretagna dicendo di aver ricevuto la loro lettera dalla quale apprende che stanno tutti bene e rassicura sul suo stato di salute: “…come al pari mi posso bene assicurare da me fino oggi, ringraziando sempre il Dio buono. In riguardo che vedete il timbro dell’ospedale non pensate a nulla, perchè so venuto per passare un visita, perciò potete stare molto contenti che io sto molto bene di salute”. Rivolgendosi poi alla madre, che gli aveva sicuramente chiesto di inviarle una foto, risponde: “Dunque cara mamà, riguardo che voi volete mandate le mie fotografie io non velo posso mandare, perché non le fanno fare, se le faccio allora il pensiero è mio per spedirle.” Chiude la lettera dicendo: “Saluti alla mia fidanzata e famiglia”. In seguito invia una cartolina che lo ritrae insieme ad altri prigionieri, stranamente non è indicata la data, probabilmente per una dimenticanza, perché Nicola la riportava sempre su tutte le lettere che spediva. 

© archivio privato
© archivio privato
© archivio privato

Nel 1943, Maria invia a Nicola una sua foto, la si vede in campagna – probabilmente nel giardino di casa dei suoceri – in mezzo all’erba, con piccoli ulivi sparsi per il campo. La ragazza è messa in posa e guarda in alto lateralmente all’obiettivo, stando a braccetto con un’altra donna, sicuramente una delle sorelle di Nicola, che non è riconoscibile in viso per via del fatto che la foto è rovinata. Sul retro della cartolina, la data del 28 febbraio e la scritta “Un caro ricordo di chi ti vuole tanto bene. Maria”. 

Tra maggio e luglio dello stesso anno, Nicola invia diverse lettere sia a Maria che ai propri genitori. Quelle indirizzate a loro sono scritte dall’ospedale, dove evidentemente veniva spesso trasferito per problemi di salute; quelle alla fidanzata invece sono scritte su cartoline del campo di concentramento, ma tutte riportano lo stesso indirizzo di Salinagrande, perché, come detto prima, per un periodo Maria e la sua famiglia si erano trasferiti nella contrada. In una cartolina del 25 maggio 1943 Nicolò le scrive, in modo un po’ anomalo, perché ripete più volte le stesse frasi di fila: “Mia amata Maria, con molto piacere vengo a rispondere alla tua amata lettera con la data 10.03.43. Sono molto contento nel sentire il tuo bene stare assieme tuoi cari ed li miei pure. Io sto molto più migliore, spero sempre così di andare sempre come adesso, perciò stai tranquilla non penzare a nulla stai tranquila, non penzare niente. Sono contento da dove sei con la famiglia, termino con la penna ma nò con il cuore. Ricevi più affmi saluti ed abbracci, da vero cuore. Tuo affmo per sempre Nicola. Saluti tuoi cari ed li miei di famiglia. Nicola”.

L’ultima lettera di Nicola giunta ai nostri giorni da prigioniero di guerra risale al 27 luglio 1943 ed è anche questa indirizzata a Maria; dal tono con cui scrive si percepisce che era irritato per qualcosa che lei le aveva scritto e anche la calligrafia è diversa da tutte le lettere precedenti, segno che aveva risposto con uno stato d’animo turbato. “Mia amata Maria, proprio in questo momento è ricevuta una tua lettera con la data 6.6 capisco già dichi mi parli ma non penzare annulla di grave, speriamo riguardo di ciò che mi dice tu del tuo inquieto che sempre che tio dimandiato finoggi, nò e che voi non crediti ciò che uno può avere, pensate subito ammale, ma come vuoi crediri, credi lo stesso è per me perché non crediti che uno sia qui accasa nostra, che più di due volte alla settimana non si può scrivere. Spero che venga trovare voi tutti bene, capisco già quello che è successo, basta ricevi più affmi saluti baci assieme tuo Nicola”. 

Nota: Gli indirizzi delle abitazioni erano i domicili della famiglia Bongiovanni e Gandolfo nel periodo a cui si riferiscono le date impresse sulle cartoline. 

Con il passare degli anni Nicola era diventato sempre più audace, addirittura manda a Maria dei baci, ma in questo caso, probabilmente, per farle sentire la sua vicinanza e rassicurarla riguardo a ciò che lei le aveva scritto e a cui Nicola replicava. Forse la ragazza non aveva ricevuto una risposta dal suo amato o la stava ancora aspettando da un lungo periodo, visto che i tempi per la consegna della posta dalla Gran Bretagna, e in periodo di guerra, non dovevano certo essere proprio celeri. O chissà quale altra ragione ha potuto spingere Maria a far arrivare le sue preoccupazioni in merito al loro rapporto di fidanzati al suo promesso sposo. Purtroppo non ci sarà mai dato di saperlo, perché di tutte le lettere inviate da lei a Nicola nessuna è rimasta conservata e giunta a noi per via di un triste epilogo di quella che era stata una storia d’amore vissuta a distanza, resistendo al tempo e a condizioni di guerra inimmaginabili.

Purtroppo, al contrario delle speranze dei due giovani, la storia è andata diversamente da ciò che entrambi avevano per anni sperato. Nicola, un ragazzo dal fisico possente, alto quasi due metri, forte e in salute prima della guerra, era tornato a casa malato, ridotto pelle e ossa, senza le forze e la salute necessaria per poter lavorare e dunque mettere su una famiglia. Venne definitivamente congedato nel 1944, ma per i tre anni successivi avrebbe potuto contare su un assegno di cure.

© archivio privato

Nonostante la precarietà delle sue condizioni fisiche, andava in bicicletta da Salinagrande a Trapani, percorrendo le strade dissestate di quel tempo pur di vedere la sua amata Maria. La famiglia della ragazza, da ciò che racconta la nipote di Nicola, era proprietaria di una tappezzeria nel quartiere di Rione Palme e il padre gestiva l’attività insieme ai due figli maschi, non sappiamo se avessero anche cambiato domicilio e si fossero trasferiti in quella zona dal centro storico, ma Maria era spesso al negozio, dunque Nicola la raggiungeva lì. Naturalmente, come in uso a quell’epoca, poteva incontrare la fidanzata solo ed esclusivamente in presenza di qualcuno che potesse far loro compagnia, perché ai due non era assolutamente permesso fare una passeggiata o anche solo stare nei dintorni a distanza, seppur sotto lo sguardo della famiglia. Così, se Nicola era fortunato e qualcuno dei fratelli era libero dal lavoro e poteva stare insieme a loro, allora aveva modo di vederla, altrimenti tornava a casa avendo fatto un viaggio a vuoto. Fortunatamente, ad un certo punto, una vicina e amica di Maria che voleva aiutare la ragazza si era offerta di presenziare agli incontri, così i due fidanzati avevano potuto trascorrere un po’ di tempo insieme e finalmente conoscersi davvero. 

© archivio privato

Ma i fratelli di Maria diventarono sempre più pressanti, insistevano perché si sposassero o si lasciassero, non consideravano il fatto che dopo anni, Nicola fosse ancora impossibilitato a svolgere qualsiasi lavoro pesante e continuativo per poter mantenere una famiglia. Addolorato per una situazione in cui si trovava impotente, Nicola decise di inviare una lettera a Maria dicendole di far finta che il fidanzamento era stato rotto, in questo modo avrebbe potuto temporeggiare, rimettersi in sesto e trovare un impiego. Ma il postino che doveva consegnare la missiva incontrò uno dei fratelli per strada e la diede a lui, che aprì la busta e ne lesse il contenuto. Come nelle migliori sceneggiate, scoppiò un putiferio e la famiglia costrinse Maria a lasciare Nicola. L’ultima foto con dedica di Nicola alla fidanzata riporta la data del 1949, dunque il loro rapporto era durato diversi anni dopo la fine della guerra. Con grande dolore da parte di entrambi non si videro più, lei continuò a scrivergli di nascosto per un periodo, raccontando di come andava la sua vita, ma ad un certo punto smise. Nicola cercò in tutti i modi di trovare una soluzione, ma evidentemente lo stratagemma che aveva architettato per amore e a fin di bene non era stato perdonato dalla famiglia Gandolfo. Pensiamo dunque che le lettere che oggi sono giunte a noi siano state restituite a Nicola, insieme a foto e ad altri ricordi, perché questo era ciò che si usava fare per rompere ogni rapporto. Lo stesso avrà dovuto probabilmente fare lui con le lettere inviate da lei. 

© archivio privato

Non sappiamo come si sia poi svolta la vita di Maria, se si sia sposata oppure no, se abbia avuto una vita felice insieme ad un altro uomo. Nicola ne soffrì per tantissimo tempo, era un bell’uomo, con un ottimo lavoro, infatti fu assunto dalle Ferrovie dello Stato avanzando di grado nel tempo, ma rimase celibe. Trascorse la sua lunga vita viaggiando moltissimo, andò diverse volte negli Stati Uniti, in Francia, in Spagna e in molti altri paesi Europei, oltre a visitare più volte varie zone dell’Italia grazie anche al suo lavoro. Aveva la passione per la fotografia tanto che ci sono giunte moltissime foto relative ai suoi viaggi, ma soprattutto tantissime immagini del periodo trascorso in Etiopia e in Libia. Aveva portato con sé una macchina fotografica (ancora oggi conservata insieme al suo elmetto, un binocolo e altri cimeli) grazie alla quale ci sono giunti scatti che lo ritraggono spesso in posa o in attimi di riposo insieme ad altri soldati. Fotografie a volte rovinate o sbiadite, ma che ci fanno conoscere luoghi e situazioni, momenti di vita quotidiana vissuta da tanti giovani uomini italiani in Nord Africa, dunque grandi testimonianze di un importante momento storico. Ma il tesoro più prezioso che è giunto a noi sono certamente quelle lettere e cartoline, racconto di un lungo periodo che fa parte della storia mondiale e di Misiliscemi. Infatti chissà quanti altri ragazzi delle contrade, partiti più di ottant’anni fa per la guerra, avranno scritto parole d’affetto alle proprie fidanzate… Speriamo che al loro ritorno a casa, a differenza del nostro Nicola, le abbiano anche potute sposare e coronare il loro sogno d’amore. Lui ha ricevuto la Croce al Merito di Guerra nel 1956, ma avrebbe certamente preferito un premio al coraggio, datogli perché era stato capace di salvare il suo unico grande amore.